Musica, nella liuteria di Parma dove s’impara l’arte di far nascere gli strumenti

Raffaele Castagno
5 min readFeb 17, 2020

Pubblicato su La Repubblica Parma

Gli strumenti non possono ancora suonare. Eppure sembra di poter udire una melodia. Quella degli attrezzi mossi dalle mani giovani ma già abili degli allievi della scuola di liuteria della Bottega di Parma.

La strada, via Trieste, nel quartiere San Leonardo, una volta entrati nella magnifica corte su cui affaccia il laboratorio, è lontana. E con lei il flusso vorticante della modernità.

Colpisce la concentrazione. Gli occhi attenti. Le mani che si muovono con precisione e lentezza. Gesti calibrati, misurati. Maxime sta lavorando a un violino. Ha solo 18 anni. È arrivato da Parigi nella petite Paris proprio per costruire gli strumenti. “La storia della liuteria è in Italia” dice. Di fronte a lui, Julie, 31 anni, lavora con eguale dedizione. Proviene dalla campagna del sud della Francia. “Sono qui per realizzare un mio vecchio sogno. I violini sono bellissimi”.

Dall’altro lato del laboratorio, il maestro Desiderio Quercetani, 55 anni, unico parmigiano del gruppo, sta impartendo alcuni consigli al suo allievo più “vecchio”: Sinichiro Goto (58 anni) — ma qui tutti lo chiamano Giovanni — di chilometri ne ha percorsi davvero tanti, per coronare l’ambizione di costruire un violino. È arrivato alla Bottega dalla città giapponese di Yamaguchi. “Voglio diventare liutaio fin da bambino” racconta. Quando avrà ultimato il corso, tornerà in Giappone per costruire strumenti musicali.

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I corsi durano due anni (da ottobre a giugno). Per gli allievi ci sono oltre mille ore di lezione. Una settimana nel laboratorio, con sette ore di scuola, e una di lavoro individuale, da svolgere da soli a casa, contando sempre sui consigli e il supporto del maestro, se dovessero esserci delle difficoltà.

Nell’arco di un anno si arriva a costruire un violino. Ma nella liuteria il tempo è un concetto relativo: “È legato alle persone — commenta Quercetani — chi ne impiega meno non significa sia più bravo: è soltanto arrivato prima al risultato che potrà conseguire anche il compagno”. Si realizzano violini, violoncelli e chi decide di fermasi di più, in tre anni può arrivare a costruire anche un contrabasso.

La Bottega è nata nel 2002, guidata da Quercetani, già alunno della Scuola di liuteria al Conservatorio musicale di Parma sotto il maestro Renato Scrollavezza. È specializzato nella produzione di violini moderni e barocchi, viole e viole d’amore, violoncelli e contrabbassi, rivolta principalmente a professionisti in Italia e all’estero. “La scuola nasce non tanto dal bisogno di tramandare un sapere ma per creare un team di futuri colleghi con cui dialogare. Farlo con gli esperti non è sempre facile, c’è la necessità di semplificare”.

Quest’anno gli iscritti sono nove. Nessun parmigiano, l’Italia e il mondo sono ben rappresentati. Minami Takashi, 24 anni, ha studiato a Tokio nella scuola per infermieri eppure il suo primo amore è il violino. Lo suona ma preferisce di gran lunga costruirlo. La stessa passione per il creare e il fabbricare con le mani la si trova a migliaia di chilometri di distanza. Luca, 24 anni, arriva da Udine. Laureato in Tecnologia del web, ha scelto di seguire un altro percorso: “Mi è sempre piaciuto il legno, una volta finita l’università, ho intrapreso questa strada”.

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Quercetani si muove tra le varie postazioni di lavoro, dispensando consigli e indicazioni. Ma non è un rapporto scolastico: “Quando si entra in contatto con i giovani s’impara tantissimo, fai sempre nuove scoperte, ritrovi problemi nel lavoro di cui ti eri completamente dimenticato e che ti spingono a realizzare attrezzi per superarli. I corsi sono una arricchimento anche per me. Se noto una difficoltà nei ragazzi che arrivano qui — prosegue — è quella di ‘staccarsi’ dal modello della scuola. Nella Bottega non ci sono compiti, bensì un lavoro da eseguire insieme. Superare questo scoglio è l’aspetto più complesso. La paura di sbagliare finisce spesso con il bloccare. Bisogna imparare a fare gli errori”.

Il maestro ci tiene a sottolineare che nel laboratorio si apprende un lavoro: “La liuteria è un mestiere serio che si basa sulle leggi della fisica acustica. È una professione con cui si può pagare l’affitto, le bollette, il mutuo. Ha una dimensione artistica, perché ci confrontiamo con i musicisti, ma senza sovrapposizioni. Nella scuderia Ferrari, ad esempio, ci sono ottimi meccanici e i piloti: una combinazione che crea la magia. Chi realizza uno strumento non è necessario sappia suonare, occorre la volontà di produrlo. Quello che serve è saper tradurre le sensazioni dei musicisti in un linguaggio tecnico, in regolazioni, così come i meccanici interpretano i suggerimenti di Valentino Rossi”.

Luigi, 28 anni, da Padova, sembra incarnare bene lo spirito delle parole di Quercetani: è un musicista, così come altri dei suoi compagni. È diplomato in contrabbasso, un percorso in cui ha dovuto faticare non poco. Ha voluto completare la sua formazione, scegliendo di capire come si realizzano gli strumenti che usa per suonare: “Penso sia importante avere una conoscenza tecnica”.

Una volta finito il corso, per gli allievi non si prospetta tuttavia un futuro facile. Almeno per chi resterà in Italia. Dalle parole del maestro emerge l’ennesimo paradosso: il Belpaese, terra di musica, musicisti e grande tradizione liutaia, vedrà fuggire all’estero i suoi artigiani.

Un fenomeno, forse meno evidente della fuga dei cervelli, ma altrettanto serio. “In Italia — afferma Quercetani — non c’è possibilità. È una cosa che dico sempre molto chiaramente. I tempi di lavoro sono lunghi, i musicisti guadagnano sempre meno, si rischia per anni di non vedere un soldo. All’estero le cose sono diverse. Un nostro allievo ha trovato lavoro a New York, in un negozio che produce contrabbassi. Guadagna quattromila dollari al mese. Si lamenta del cibo, del clima, ma non è tornato indietro. Il made in Italy paga. I più avvantaggiati sono proprio gli stranieri che vengono a studiare qui: i nostri studenti francesi e giapponesi, grazie alle conoscenze acquisite, potranno guadagnare semplicemente limitandosi a commerciare gli strumenti”.

Miriam, che ha solo 21 anni, avrà ancora tempo per pensare al futuro. La passione l’accompagna fin da bambina: “Mi piace tantissimo, perché vedo la liuteria come un fare arte per l’arte. Produco gli strumenti per poi sentirli suonare. Dare la possibilità ad altre persone di esprimere loro stessi attraverso la musica è bellissimo”.

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Raffaele Castagno

Giornalista, archeologo, lettore. Si occupa di mondo antico, cultura, libri e newsletter.