OntheBooks — Il letterato: usi e costumi. Da Confucio a Barthes, la storia bizzarra di una specie anomala

Raffaele Castagno
3 min readJan 7, 2020

Strana creatura il letterato, la cui esistenza è tutta consacrata al sapere e ai libri. “Studiate come se la conoscenza fosse irraggiungibile, come se temeste di perderla” affermava Confucio. E così opera il lettarato, con un rigore degno di un maestro Jedi, “disciplinato come un cadavere”, per dirla alla maniera dei Gesuiti.

Una fatica sovrumana che il letterato, incurante dei bisogni materiali, affronta, pur sapendo che non potrà mai possedere tutta la conoscenza, un oceano sterminato, dinanzi al quale può cader preda dell’umore nero, sentendosi come la Melencolia di Dürer.

Alata, ma accovacciata al suolo, incoronata ma offuscata da ombre, munita degli arnesi dell’arte e della scienza, ma chiusa in un’oziosa meditazione, dà l’impressione di un essere creativo ridotto alla disperazione dalla consapevolezza di barriere insormontabili che la separano da un più alto dominio del pensiero”. Così la descriveva Erwin Panofksy.

Eppure tutto ciò non lo spaventa, anzi, leggendo le splendide pagine che il critico e storico della letteratura William Marx dedica all’argomento nel suo magnifico saggio, sembra quasi che lo stato melanconico sia per così dire ingrediente fondamentale all’attività del letterato.

Che alle lettere subordina la sua intera esistenza, che siano i pasti o il sonno. Già perché seppur con lo sguardo ormai annebbiato da Morfeo, egli continuerà a leggere, una pagina e ancora una pagina. “Nocturna versate manu” ammoniva il poeta latino Orazio. E il letterato andrà avanti imperterrito, accompagnato solo dalla tremolante luce di una candela, quella candela che “non rischiara una cella vuota, rischiara un libro. Solo, di notte, con un libro rischiarato da una candela, libro e candela — doppia isola di luce, contro le tenebre doppie dello spirito e della notte” scriveva Gaston Bachelard.

Gaston Bachelard

Leggerà e continuerà a leggere il letterato, benché lo studio del passato “sia un’impresa infinita” che “esaurisce le forze dello spirito”. Ma il letterato ne è consapevole perché — come si legge nel brillante vagabondare erudito di William Marx — sa bene che “i libri non si divorano, sono loro a divorare noi, a vampirizzarci, a nutrirsi del nostro essere e della nostra energia, ci separano dal nostro mondo per trasportarci nel loro, si cibano del nostro tempo e del nostro spazio, sconfinano fuori degli scaffali, accorciano i giorni e le notti, rimpiccioliscono case e appartamenti, ci possiedono quando crediamo di averli posseduti”.

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Raffaele Castagno

Giornalista, archeologo, lettore. Si occupa di mondo antico, cultura, libri e newsletter.